Nata a Buenos Aires, Argentina, nel 1980
Vive e lavora a Buenos Aires
Ad (Adriana) Minoliti è fortemente influenzata dal femminismo e dalla teoria queer e porta avanti una critica serrata alle gerarchie sociali, alle diseguaglianze, al concetto di identità di genere e agli stereotipi legati alla sessualità e al potere. La sua arte si inserisce sulla ricca tradizione dell’arte concreta in Argentina e in America Latina (i gruppi Madì e Arte Concreto-Invención), riprendendone gli aspetti formali e tecnici ma rovesciandone dall’interno molti presupposti teorici. Se già la poetica di Torres García o Tomás Maldonado si caratterizzava per la sostanziale avversione ai regimi autoritari, Minoliti si spinge oltre e cerca di dare voce a una visione radicalmente diversa, per superare i contrasti dualistici che, da sempre, improntano la cultura occidentale e sono connaturati ad ogni grande narrazione: maschile/femminile, naturale/culturale, umano/animale, organico/meccanico. Anche la ricerca delle avanguardie più progressiste ha messo in luce, mantenendola, questa dialettica tra opposti che è alla basa di molte forme di competizione e dominazione. Lungi da essere una gabbia nella quale inquadrare la realtà, la geometria è ora uno strumento per proporre alternative utopiche alle convenzioni sociali più rigide e restrittive, a partire da quelle di genere.
La sua multiforme pratica artistica comprende la pittura, la computer grafica, la scultura, l’installazione, l’animazione video e ogni genere di pratica relazionale.
Presentato alla Biennale di Venezia del 2019, Cubes (2019) è un lavoro tra pittura e installazione che si ispira alla simbologia della casa delle bambole per scardinare i presupposti sui quali si fonda, o meglio si costruisce, l’identità di genere. Le case di bambole sono sempre state usate come strumento pedagogico, per introdurre le bambine all’economia domestica e al loro futuro ruolo di donne e madri, mogli e massaie: un vero e proprio indottrinamento che non ammetteva eccezioni. Minoliti si appropria di questo immaginario visivo e lo declina secondo l’estetica del modernismo – come aveva già fatto con “Playboy” e il mondo del porno (es. PLAY_G-3gracias, 2014) – con l’intento di sottolineare l’artificialità di questa costruzione di genere e aprire a nuovi significati. I cubi mostrano una sequela di scene fantasiose, costruite su geometrie intricate, silhouette eleganti e sovrapposizione di layer diversi.

Alberi parlanti, colline animate, soli che ridono, creature fantastiche si accostano e si sovrappongono anche nei sei pannelli di Landscape (2020). Qui tutto è fuso insieme in una tavolozza di colori brillanti e giocosi che fanno sembrare il dipinto una grande illustrazione per bambini. Ma quanti stili, quanti autori, si ritrovano nei tratti e nelle superfici colorate: Kandinsky, Chagall, Leupin, Murakami lasciano i loro segni inconfondibili per chi li sa cogliere. È una natura finalmente ridente e «positiva» che si è liberata da quel sentimento di pericolo e inquietudine che, tradizionalmente, le fiabe vi legano – si pensi a Cappuccetto Rosso o Biancaneve. Una meravigliosa allegoria della natura come Zoe, luogo di vita del quale l’essere umano è parte e nel quale dovrebbe fondersi, serenamente – essere quel «soggetto incarnato zoe-centrato, pienamente immerso in e immanente a una rete di relazioni non umane (animali, vegetali, virali)» del quale parla Rosi Braidotti (Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte).
The Feminist School of Painting, presentato al Kadist di San Francisco nel 2018, è il lavoro più complesso: viene allestita una biblioteca con libri e riviste consultabili e al centro delle sale sono posizionati tavoli e sedie. L’esposizione prevede diversi lavori che decorano le pareti (tele e murales) con figure geometriche ispirate al mondo animale, a paesaggi o dettagli anatomici. Ma soprattutto questi spazi, nel periodo di apertura della mostra, sono diventati una vera e propria scuola d’arte, con workshop aperti a tutti che vedevano la collaborazione di artiste, scrittrici ed esperte in discipline diverse (biologia, ingegneria, fantascienza, studi di genere). Ogni seminario, con cadenza settimanale, è stato dedicato ad un genere diverso (ritratto, paesaggio, natura morta) che era trattato non solo negli aspetti tecnico-artistici ma anche in tutte le narrazioni che tradizionalmente a tale genere sono associate. Ancora una volta emerge un approccio femminista e legato alle teorie queer. I murales colorati sono in sé un’arte popolare e accessibile, spesso la via maestra attraverso la quale l’arte figurativa arriva oggi alla gente – il Mission District dove di trova Kadist è noto per i suoi lavori di street art. La mostra è stata poi completata da dodici lavori proposti dalle artiste che hanno tenuto i seminari (es. i due collage di Elisabeth Wild o le t-shirt disegnate da Jacqueline Casey) e dalle bandane verdi e arancioni simili a quelle usate dai manifestanti argentini nelle proteste del 2018.

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Nata a Buenos Aires nel 1980 Ad Minoliti ha conseguito il BFA alla Escuela Nacional de Bellas Artes “Pridiliano Pueyrredón” (2003) e si è perfezionata presso il Centro de Investigaciones Artísticas di Buenos Aires (2009-11). Nel 2009 fonda il gruppo PintorAs, un collettivo femminista di pittrici argentine. Tra le mostre personali più importanti si ricordano Fantasias Modulares al MASS Moca – Massachusetts Museum of Contemporary Art (2020), Atrium Project al MCA Chicago (2019), Museo Peluche al MAMBA – Museo de Arte Moderno de Buenos Aires (2019), The Feminist School of Painting alla Kadist Foundation di San Francisco (2018), Symposium for expanded painting and speculative fiction alla Casa Victoria Ocampo di Buenos Aires (2018), Coven alla Kunsthalle Baden-Baden (2018), Modelo colectivo para institución afectiva (ensayo #1) a La Sala de Arte Siqueiros (2018), Playpen 4 alla Metales Pesados Visual di Santiago de Chile (2017), Case Study Cat House al Beta Local di San Juan di Puerto Rico (2016), Playpen alla Recoleta Cultural Center di Buenos Aires (2015), Paris al La Ene – Nuevo Museo Energía de Arte Contemporáneo di Buenos Aires (2013), My fantasies at the Changarrito al Colegio San Idelfonso di Città del Messico (2011), Making objects of desire a Casa Vecina-Espacio Cultural di Città del Messico (2011), Centerpieces al Perfecta Couture di Buenos Aires (2011), Overflow al Cultural Center of Spain di Buenos Aires (2007), Artificial Nature a La Casona de los Olivera di Buenos Aires (2006), Photo Romance Novel al Festival of Light di Buenos Aires (2004). Ha partecipato alla 58a Biennale d’arte di Venezia (2019) e, tra gli altri, ha ricevuto la menzione speciale dell’Illy Present Future Prize ad Artissima 2018. Gallerie di riferimento sono Agustina Ferreyra di Città del Messico, Peres Project di Berlino, Crèvecœur di Parigi.
Riferimenti bibliografici
Gaby Cepeda, Artist Profile: Ad Minoliti (interview), in “Rhizome”, 23 febbraio 2016, https://rhizome.org/editorial/2016/feb/23/artist-profile-ad-minoliti/
Alessia Cortese, Le “Dolls Houses” di Ad Minoliti alla Biennale Arte 2019, in “Objects”, 1 giugno 2019, https://www.objectsmag.it/le-dolls-houses-di-ad-minoliti-alla-biennale-arte-2019/
Isabel Casso, Ad Minoliti. Fantasías Modulares, MASS MoCA, North Adams MA, 2020
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