Nato a Alkmaar, Paesi Bassi, nel 1931
Vive e lavora a Eschenau, Germania
L’amore per la natura, fino a giungere a una fusione intima con essa e a sottolineare come l’uomo sia parte di un tutto più vasto al quale è intimamente connesso, l’indagine mai banale sui rapporti reciproci tra natura e cultura sono i principali aspetti della ricerca artistica di Herman de Vries. Da sempre. Vicino alla spiritualità nordamericana e soprattutto alle religioni orientali, il pensiero olistico di De Vries trova oggi profonda sintonia con le riflessioni più pro-positive attorno al postumano e all’idea di un soggetto come parte della zoe, della nuda vita nei suoi aspetti non-umani, che si articola secondo i vettori del divenire-animale, del divenire-terra e del divenire-macchina già indagati dalla filosofia di Deleuze e Guattari (Rosi Braidotti, Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte). I lavori dell’artista olandese sono opere fortemente sinestetiche nelle quali il corpo dello spettatore è catturato e coinvolto a sperimentare sensazioni nuove, visive, olfattive, tattili, uditive. Arte, scienza e filosofia si intrecciano con la realtà del mondo attraverso l’impiego di fotografie e video e soprattutto di materiali naturali in suggestive installazioni, potenti nella loro semplicità. La sua arte ci guida a scoprire l’unicità e il molteplice, le affinità e le diversità del mondo. La forza e la ricchezza dell’opera di De Vries nascono in buona parte dal biotopo da lui sviluppato a Eschenau e durante i suoi viaggi. L’interesso vero il Buddhismo Mahayana ha portato l’artista ha riflettere sulla falsa contrapposizione tra forma (pieno) e vuoto e tra Samsara e Nirvana. Questi presupporti si ritrovano nelle opere monocromatiche realizzate a partire dal 1956, come i collage di carte bianche, e nelle tavole dipinte dal 1959, ma segnano anche tutta la produzione successiva. Il Museo delle terre oggi custodito al Museo Gassendi di Digne-les-Bains conserva oltre 7.000 campioni di terra, raccolti da De Vries o inviati a lui da ogni parte del mondo. Iniziata nel 1976, è una collezione ampia e varia che, seppur senza intento scientifico, rappresenta un compendio in ogni varietà di suolo (calcare, arenaria, marne, cenere, ecc.) e dimostra l’infinita varietà e bellezza dei colori della terra. L’artista sfrega le polveri con la punta delle dita su fogli di carta in un unico rettangolo di colore dai contorni sfumati e indefiniti, invito anche a superare la rigida divisione geopolitica in stati territoriali. Oltre ad essere un pigmento naturale, forse il più antico del mondo, le terre simbolicamente ci parlano dello spirito e della cultura dei popoli.

Questo approccio sistematico, catalogatorio e pseudoscientifico, torna in molti altri lavori e riguarda adesso rami, cortecce, ossa (es. Vergankelijkheidswerk, 2012) e moltissime varietà diverse di foglie (Quercus, 1992), ma anche strumenti agricoli e di un artigianato preindustriale, oggetti legati quindi ad un lavoro manuale non mediato da nessuna macchina (es. Mesa, 1996-2007).
The Stones (2009-) presenta 12 frammenti di pietra come 12 opere d’arte su alti plinti in legno: l’elemento naturale più semplice è innalzato al rango di opera d’arte: il riferimento è alle Gongshi provenienti da Cina, Corea e Giappone, rocce formate da processi naturali che sono particolarmente apprezzate per la loro forma e la somiglianza con paesaggi di montagna. Ancora una volta questo tipo di rapporto con la natura ha radici nel Taoismo e nel Buddismo Zen. Dopo la terra, l’acqua: le sorgenti sono da sempre metafora dell’esistenza ed anche de Vries in Drinking from the stream (2011-15) vi si abbevera completamente nudo, dando sollievo al bisogno fisiologico più ed elementare e sottolineando come l’acqua sia parte di noi e noi parte di un ciclo naturale universale.

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Nato a Alkmaar, Paesi Bassi, nel 1931, Herman de Vries si forma come biologo e naturalista. È tra gli esponenti di ZERO, gruppo artistico internazionale nato a Düsseldorf nel 1957. Tra le innumerabili mostre personali si ricordano Schaufenster Sohm VI – Herman de Vries alla Staatsgalerie Stuttgart (2016), Herman de Vries. Boeken en Edities = Herman de Vries. Books and Editions allo Stedelijk Van Abbemuseum di Eindhoven (2013), Herman de Vries: es ist da alla Mies van der Rohe Haus di Berlino (2010), Herman de Vries – unity al Kröller-Müller Museum di Otterlo (2009), Herman de Vries. Différent & Identique (Eschenau Sutra) al Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna (2002), Herman de Vries: Texte und Tatsachen al Museum für Konkrete Kunst di Ingolstadt (2001), Herman de Vries. Die Reisejournale alla Kunsthaus Nürnberg (1999), Herman de Vries. To be al Karl Ernst Osthaus Museum di Hagen (1996), Documents of a Stream – The real works 1970-1992 al Royal Botanic Garden di Edinburgo (1992). Le opere di Herman de Vries si ritrovano nelle collezioni dei musei di tutto il mondo. Nel 2014 e nel 2015 De Vries ha partecipato alle retrospettive ZERO al museo Guggenheim di New York, al Martin Gropius Bau di Berlino ed allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Con to be all ways to be ha rappresentato l’Olanda alla 57a Biennale d’Arte di Venezia (2015). È rappresentato dalla Galerie Conrads di Dusseldorf e dalla Galleria Cortesi di Milano e Londra.
Riferimenti bibliografici
Ginevra Bria, Biennale di Venezia. Il padiglione dell’Olanda raccontato da Herman de Vries, in “Artribune”, 15 marzo 2015, http://www.artribune.com/attualita/2015/03/biennale-di-venezia-il-padiglione-dellolanda-raccontato-da-herman-de-vries/
Mel Gooding, Herman de Vries. Chance and change, Thames and Hudson, London 2006
Nina Azzarello, Herman de Vries Interview in the Dutch Pavilion at the Venice Art Biennale, in “Designboom”, 13 maggio 2015, http://www.designboom.com/art/herman-de-vries-dutch-pavilion-venice-art-biennale-05-13-2015/
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