Nato a Anyanko, Ghana, nel 1944
Vive e lavora a Nsukka, Nigeria
L’arte di El Anatsui è una mirabile e rara sintesi di concettualità e manualità: l’idea trova sempre espressione nella perizia artigianale, che ha nel tempo, nella pazienza e nella pratica quotidiana i suoi fondamenti. I temi, sempre sviscerati con sensibilità autentica e visione progressista, parlano della società attuale africana, della storia e della politica.
Con intelligente e crescente contrasto verso la scultura tradizionale africana e la tradizione classica e accademica occidentale, l’artista presenta opere che impiegano oggetti di recupero e materiali poveri e si spinge verso delle non-forme privilegiando l’impatto visivo complessivo e la potenza estetica del materiale, cercando, in vece dell’unità formale, l’inconsistenza e la flessuosità proprie dei tessuti.
Negli anni Ottanta l’artista praticava la scultura in legno. Le sue figure, antropomorfe e appena abbozzate, richiamavano sicuramente l’arte africana per il primitivismo e il materiale con cui erano realizzate, ma se ne distaccavano subito a causa dell’estrema semplicità, della giocosità e della serialità delle forme. Il risultato stabiliva così un immediato rapporto dialettico tra tradizione e modernità, passato e presente. È questa un’altra dicotomia ricorrente in tutta l’arte di El Anatsui e che ritorna nei rilievi circolari in legno ispirati ai vassoi utilizzati dai mercanti Kumasi per esporre le loro merci, sui quali Anatsui incide motivi adinkra e altre grafiche tratte dai sistemi di segni e disegni dell’Africa occidentale. Emerge un’affascinante incontro-scontro fra significanti e significati, tra la potenza grafica dei segni e il loro simbolismo.

Tra i materiali di recupero presenti nei lavori successivi si annoverano grattugie (Crumbling Wall, 2000, le grattugie sono fondamentali nella preparazione del gari, alimento a base di manioca fondamentale nella dieta africana) tuberi di manioca, traversine ferroviarie, legni, chiodi, lastre per stampe funebri. Tutti materiali che lo ricollegano alla realtà che lo circonda, il mondo africano ancora legato a un passato coloniale o postcoloniale, e che sono quindi saturi di significati metaforici. Come lo sono i tappi di bottiglia in alluminio e le piastrine metalliche delle bottiglie di whisky (Skin of Earth, 2006) che, legati fra loro a migliaia e migliaia attraverso fili di rame, rappresentano la sua produzione più celebre: coperte metalliche gigantesche, drappi dorati e luminosi, smisurate cotte di piastre. Un’opera come Dusasa I (Biennale di Venezia, 2007) è esemplare dell’effetto sorprendente che i tessuti scintillanti di El Anatsui generano nei vari spazi dove sono esposti. Alcune opere raggiungono dimensioni impressionanti e le sue più famose installazioni hanno invaso e alterato celebri spazi pubblici: nel 2007, sempre durante la Biennale di Venezia, è toccato alla facciata dallo storico Palazzo Fortuny e nel 2012 alla Triennale di Parigi l’artista ha ricoperto l’intera facciata del Palais Galleria – Musée de la Mode de la Ville de Paris con l’opera Broken Bridge – l’opera è stata riproposta l’anno dopo sul fronte dell’High Line di New York (Broken Bridge 2, 2013). Ancora nel 2013 TSIATSIA–searching for connection ricopre la facciata di Burlington House a Londra, sede della Royal Academy of Art.

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Nato a Anyanko nel 1944, El Anatsui ha frequentato il College of Art della Kwame Nkrumah University of Science and Technology di Kumasi, in Ghana, ricevendo un BFA nel 1969. Dal 1975 è professore di scultura e capo dipartimento presso l’Università della Nigeria a Nsukka. Tra le mostre personali più importanti si ricordano El Anatsui: Triumphant Scale alla Haus Der Kunst Munich (2019), Prints alla Royal Academy di Londra (2017), Afrikas stjerne – Monumentale værker af El Anatsui al Trapholt Museum for Moderne Kunst del South Jutland (2016), El Anatsui at 70 al Centre for Contemporary Art di Lagos (2014), Gravity and Grace: Monumental Works by El Anatsui allo Akron Art Museum, Ohio (2012), al Brooklyn Museum di New York (2013), al Des Moines Art Center, Iowa (2013) al Bass Museum of Art di Miami, (2014), al Museum of Contemporary Art di San Diego (2015). Le sue opere sono esposte nei più importanti musei internazionali, tra cui il British Museum, il Centre Pompidou, il Metropolitan Museum di New York, il Guggenheim di Abu Dhabi, l’Osaka Foundation of Culture, il MoMA di New York. Ha partecipato alle biennali dell’Avana (1991 e 2013), del Senegal (2000 e 2006), di Mosca (2009), di Sidney (2012) e alla 44a e 52a Biennali d’Arte di Venezia (1990 e 2007). La Royal Academy of Arts di Londra ha conferito all’artista il premio Charles Wollaston per il suo TSIATSIA – searching for connection (2013), che impreziosì la facciata dell’Academy. Nel 2014 è stato eletto Honorary Royal Academician e membro dell’American Academy of Arts and Sciences; nel 2015 gli è stato consegnato il Leone d’Oro alla carriera alla 56a Biennale d’Arte di Venezia. È rappresentato dalla Jack Shainman Gallery di New York, dalla Galerie RX di Parigi e dalla October Gallery di Londra.
Riferimenti bibliografici
Valérie Bougault, Midas moderne. El Anatsui, in “Connaissance des Arts”, febbraio 2017, pp. 52–57
Holland Cotter, A Million Pieces of Home, in “The New York Times”, 10 febbraio 2013, https://www.nytimes.com/2013/02/10/arts/design/a-million-pieces-of-home-el-anatsui-at-brooklyn-museum.html
Okwui Enwezor, Storr Robert, Chika Okeke-Agulu, El Anatsui, in “Parkett”, #19 (2012), pp. 34-69
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