Nata a Hastings, Nebraska, nel 1934
Vive e lavora a Parigi
La potenza espressiva del colore, la morbidezza della forma, le continue allusioni alla seduzione dell’organico, il costante riferimento alla tradizione del lavoro (in particolare quello femminile) che in ogni epoca e a ogni latitudine ha visto nella filatura, nella tessitura e nel confezionamento degli abiti uno dei massimi momenti di sintesi tra perizia tecnica artigianale e capacità espressiva – dalla tessitura brujaria dei popoli precolombiani fino alle tecniche tradizionali indiane, dai tessuti peruviani di Cuzco ai tappeti del Marocco – sono aspetti salienti della poetica di Sheila Hicks. Da anni l’artista ci presenta le sue opere avvolgenti e brillanti, seducenti e calde, trionfo di forme che proliferano, che progressivamente crescono e si distaccano dalla tranquilla bidimensionalità e dalla rassicurante geometria in cui restano confinate le arti tessili canoniche. Tutta la bellezza, la forza e la potenza espressiva di forme e colori trovano nei suoi lavori la massima espressione, una seducente delicatezza pronta ad accogliere gli spettatori in un morbido e materno abbraccio.
Fili di seta, nastri per cappelli, elastici colorati, filati di lana, stringhe (es. Lares and Penates, 1990-2013), ma anche carte ed elementi vegetali (es. Araucario, 2011), sono i materiali d’elezione che Sheila lavora in maniera canonica sul suo telaio, poi assemblando le varie parti dell’opera, o «in grande», impiegando manici di scopa come ferri da calza o le gambe di un tavolino come un improvvisato telaio. Il risultato mostra sempre un’altissima perizia tecnica ed è affascinante perdersi nella geometria perfetta degli intrecci, nei sapienti accostamenti cromatici, nella perfezione delle legature, nell’infinita varietà tecnica e formale di trama e ordito. Il lavoro dell’artista americana tende comunque e naturalmente al grandioso, all’ambientale: bozzoli giganteschi come grandi gomitoli, cascate di fibre tessili che ribollono a terra in un turbine di spume colorate (es. Liane de Beauvais, 2010-2011), cuscini smisurati che invadono lo spazio come una colata di lava morbida.

Negli anni l’artista ha collaborato con molte prestigiose realtà legate al mondo del tessile: Sunny Meadow Swept by the Wind (2014) ad esempio è realizzato dalla manifattura Gobelins di Parigi e totalmente eseguito secondo la tecnica tradizionale, ricchissimo per luce e ricchezza dei colori.
È un trionfo della sensualità anche l’installazione Scalata al di là dei terreni cromatici (Biennale d’Arte di Venezia, 2017): qui l’artista ricopre le pareti delle corderie dell’Arsenale e riempie gli spazi a terra con drappi e sacchi di tessuto colorato che invitano alla sosta e al riposo e conferiscono all’ambiente un senso di calore e morbidezza realmente «tattili» e pienamente «fisici».

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Nata in Nebraska nel 1934, Sheila Hicks ha conseguito il BFA nel 1957 e l’MFA nel 1959 alla Yale School of Art, seguendo tra gli altri gli insegnamenti di Josef Albers, George Kubler e Louis Kahn. Dopo viaggi in Cile e in America latina, nel 1964 si trasferisce a Parigi dove attualmente vive e lavora. Le prime mostre tenute dall’artista ebbero luogo alla Galeria Antonio Souza di Città del Messico (1961) e all’Art Institute di Chicago (1963). Tra le più importanti personali si ricordano Sheila Hicks: Life Lines al Centre Pompidou di Parigi (2018), Sheila Hicks: Au-delà al Museé d’Arte Moderne de la Ville de Paris (2017), Sheila Hicks: Material Voices allo Joslyn Art Museum di Omaha (2016) e al Textile Museum of Canada di Toronto (2016), Predestined: Colour Waves all’Espace Louis Vuitton di Monaco (2015), la mostra al Contemporary Art Museum di St. Louis (2015), Interventions on the Building: Baôli al Palais de Tokyo di Parigi (2014), Sheila Hicks: 50 years all’Institute of Contemporary Art di Philadelphia (2011), Installation al Kunstindustrimuseet di Oslo (1983), Free Fall all’Israel Museum di Gerusalemme (1980), la personale allo Stedelijk Museum d’Amsterdam (1974). Hicks ha poi partecipato a moltissime mostre collettive come, di recente, la 57a Biennale d’Arte Venezia (2017), alla 20th Biennale of Sydney (2016), a Glasgow International (2016) e alla Hangzhou Triennial of Fiber Art (2016). Ha creato monumentali installazioni site-specific per il Ford Foundation Headquarters di New York, il Duke Endowment di Charlotte King, la Saud University di Riyadh e l’Institute for Advanced Study di Princeton. Tra i riconoscimenti si ricordano lo Smithsonian Archives of American Art Medal (2010), la nomina a Officier dans l’ordre des Arts et des Lettres da parte del governo francese (1993). Le gallerie di riferimento sono Alison Jacques Gallery di Londra, Massimo Minini di Brescia e Sikkema Jenkins & Co. di New York.
Riferimenti bibliografici
Véronique Vienne, Sheila Hicks – The Art of the Yarn, in “Metropolis Magazine”, giugno 2011, http://www.metropolismag.com/June-2011/SHEILA-HICKS-The-Art-of-the-Yarn/
Jennifer Higgie, Fibre Is My Alphabet, in “Frieze Magazine”, n°169 (marzo 2015), https://frieze.com/article/fibre-my-alphabet
Anicka Yi, Sheila Hicks: My Work Is Associated With Sensuality, in “Interview Magazine”, 2 aprile 2018, https://www.interviewmagazine.com/art/sheila-hicks-work-associated-sensuality
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