Nato a Oxford, Regno Unito, nel 1982
Vive e lavora a Londra
Ed Atkins più essere considerato uno dei più importanti videoartisti affermatisi negli ultimi anni, capace di sfruttare le potenzialità dell’animazione digitale per veicolare messaggi potenti e spesso inquietanti sui disagi e le debolezze dell’uomo e sulla mancanza di logica di molte dinamiche della società odierna. Se l’interazione tra sentimenti e strumenti digitali, tra esseri umani e tecnologia, sembra essere la rivoluzione che l’uomo contemporaneo vive sulla propria pelle attraverso la rete e i social network, la ricerca artistica di Atkins usa i nuovi media per una riflessione sui temi antichi legati alla corporeità e alla condizioni essenziali della vita: amore, odio, desiderio, malattia, morte, controllo.
Poesia, performace e disegno lasciano spazio al video come mezzo d’elezione e all’animazione come sostituto di una presenza diretta dell’io dell’artista. Doppi o avatar, i protagonisti dei suoi video, reclamano una fisicità che è a loro negata, una presenza concreta che spesso è surrogata dalla sola voce. Tuttavia l’insistenza sui corpi e i dettagli anatomici, le minzioni e le secrezioni, le presenze ricorrenti di orifizi, organi vari, orina e sangue, sottolineano lo iato tra la potenziale e asettica perfezione digitale e la realtà materiale degli individui che rivendica comunque le sue attenzioni. Tutto torna a scivolare nel concreto, nel quotidiano, nel triviale. E questa dimensione antiepica è una costante dell’opera di Atkins.
Se il video segna una distanza tra l’immagine e il corpo, la modalità di fruizione dei video, spesso proiettati contemporaneamente su più monitor, l’enfasi data all’aspetto del sonoro, che avvolge e cattura lo spettatore, e la voce, che a differenza della figura generata al computer possiede un referente diretto e tangibile nella persona dell’artista, riportano fruitore e immagine sullo stesso piano – quello fisico – con conseguente esaltazione del potere suggestivo dei lavori.
Ribbons (2014) è esemplare: il personaggio principale, Dave, è un alter ego dell’artista che assume qui le sembianze di un avatar digitale (acquistato online da Atkins per 399 dollari): questi è ritratto in un contesto quotidiano squallido e degradato; l’enfasi è sul corpo e sui dettagli anatomici e si concentra su comportamenti grotteschi, naturali ma eccessivi; per contrasto il messaggio è affidato ai lunghi e curati monologhi e alle scritte sulla pelle dello stesso protagonista. Si tratta anche di una critica generale nei confronti della cultura giovanile inglese, sempre più dominata dall’alcolismo, dalla violenza, dall’autocommiserazione e da una certo disprezzo per la donna.
In Safe Conduct (2016) esplora il disagio del singolo nelle infrastrutture e nei sistemi di controllo: in questo caso la retorica dei video di istruzioni sulla sicurezza negli aeroporti viene scimmiottata e il protagonista arriva ad essere vivisezionato, smembrato, da quella stessa tecnologia che dovrebbe garantire la sua sicurezza.
Tutti i lavori di Ed Atkins denotano una cultura visiva, letteraria e musicale vastissima dalla quale l’artista preleva ed elabora, stabilendo un equilibrio riuscito tra alto e basso, mente e corpo, cultura e istinto.

Definitivo è Old Food (2017-19) il complesso lavoro presentato alla 58a Biennale d’Arte di Venezia, nel quale gli aspetti personali e autobiografici si caricano di suggestioni pseudo storiche e vernacolari, creando un mondo contadino e popolare, antico e fuori dal tempo, regno di un’emotività quasi incontrollata; un brano al pianoforte di Jürg Frey e sponsorizzazioni aziendali tornano ripetutamente nelle sequenze animate; l’atmosfera è malinconica e a tratti macabra. Pannelli di testo con saggi critici e una selezione di costumi di scena dell’archivio della Deutche Oper di Berlino creano un ambiente immersivo che suggestiona lo spettatore e complica la lettura dell’opera moltiplicandone i livelli.

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Nato a vicino a Oxford nel 1982, Ed Atkins consegue il BFA alla Central Sain Martin di Londra e il MFA alla Slade School of Fine Art dell’University College London. Tra le mostre personali si ricordano Ye Olde Food, K2 al Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf (2019), Ed Atkins alla Kunsthaus Bregenz (2019), Old Food al Martin Gropius Bau di Berlino (2017) e al Cabinet di Londra (2018), Ed Atkins al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (2016), Recent Ouija allo Stedelijk Museum di Amsterdam (2015), Ed Atkins alla Serpentine Sackler Gallery di Londra (2014), Bastards al Palais de Tokyo di Parigi (2014), Ed Atkins alla Kunsthalle Zurich (2014), Ed Atkins al MoMA PS1 di New York (2013), Art Now: Ed Atkins alla Tate Britain di Londra (2011). Tra le molte partecipazioni a collettive si ricordano quelle alla Biennale of Moving Images al Centre d’Art Contemporain di Ginevra (2014), alla Biennale di Lione (2013) e alle 58a e 55a Biennali d’arte di Venezia (2019 e 2013). Le gallerie di riferimento sono Gavin Brown’s Enterprise di New York e Roma e Isabella Bortolozzi di Berlino.
Riferimenti bibliografici
Martin Herbert, Openings. Ed Atkins, in “Artforum”, febbraio 2012
Jeff Nagy, London Reviews, in “Artforum”, ottobre 2014
Chiara Vecchiarelli, Ed Atkins. La presenza all’altro, in “Flash Art” 329 (Ottobre – Novembre 2016).
Vivian Raycroft, Ed Atkins, in May You Live in Interesting Times. Guida Breve, La Biennale di Venezia, Venezia 2019
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