Nato a Tallahassee, Florida, nel 1961
Vive e lavora a New York
Capire cosa un materiale è in grado di trasmettere a chi lo osserva, lo odora o lo tocca è forse un’operazione facile per chi è dotato di una sensibilità superiore. Meno facile è fare di queste risonanze intime e personali qualcosa di universale, che parli a tutti, che diventi realmente «cultura» e con le culture vicine e lontane dialoghi. Questa operazione è centrale nell’arte di Leonardo Drew che parte da materiali, come la carta, i tessuti, le pelli di animali, la sabbia e soprattutto il legno; materiali semplici che raccoglie e accumula nel suo studio e ai quali dà nuova vita attraverso un’elaborazione formale complessa e raffinata. Il materiale acquista nuova vita senza perdere le sue qualità intrinseche: non è tanto l’interesse per il portato esistenziale dell’oggetto o per un suo legame con un particolare fatto storico o di attualità, quanto l’amore per il materiale in sé e per tutto quello che le sue proprietà fisiche e tecniche, le qualità estetiche e i modi tradizionali di impiego e di lavoro significano e hanno significato.
Listelli, tavolette spezzate, rami: accumulo, composizioni studiate e interventi cromatici minimi conservano e amplificano tutto il fascino e il calore del legno. Formalmente Drew propone sempre lavori che sembrano cristallizzare l’equilibrio precario tra caos e ordine: il senso del movimento, il vorticoso collasso della materia e l’equilibrio precario di accumulazioni impossibili sono bilanciati da un senso geometrico che trova espressione nel principio della griglia. Questa sottende tutti i suoi lavori più celebri e uno schema ordinato è ben evidente ad esempio in Number 206 (2017), dove i vari elementi regolari che compongono per accumulo l’opera si dispongono in verticale o in orizzontale ma pur sempre secondo un disegno preciso che trae fascino proprio dalla precisione e dalla serialità. Cosi anche in lavori diversi per dimensioni e forme di arrivo come Number 130 del 2009 o l’ormai storico Number 43 del 1994.
Number 215 (2019) invece, pur partendo da un impianto ordinato, supera questa impostazione e sembra investire lo spazio della galleria con una esplosione di frammenti di legno parzialmente ricoperti di sabbia e colore: colossale rispetto allo spettatore e come sospesa per un istante, priva di gravità, l’opera sembra sempre prossima a collassare a terra. La ricerca del rapporto dialettico tra regolarità e irregolarità si è sempre palesata fin dagli inizi: si pensi ad esempio alla cascata di tele ricoperte di ruggine di Number 28 (1992) oppure ai lavori più recenti che inquadrano bene questa dicotomia come Number 217 (2019).

Sempre, nei lavori più grandi come in quelli più piccoli, c’è una grande potenza che emerge proprio da questo contrasto e si amplifica nella natura del materiale. «C’è qualcosa che unisce tutti gli artisti afro-americani ed è la potenza fisica pura nel lavoro. Eravamo tutti schiavi in Africa e solo i più forti di noi sono riusciti a rimanere in vita, poi abbiamo dovuto subire il viaggio per arrivare in America e ancora una volta i più deboli fra noi non ce l’hanno fatta. Una volta negli Stati Uniti c’era un’altra schiavitù e un altro processo di selezione in modo che alla fine solo i più forti sono sopravvissuti». Così nelle parole di Drew.
La dimensione temporale, l’idea del tempo che passa, è espressa con poesia senza pari ed affiora leggera nei materiali, logori, nel movimento perennemente sospeso, nel richiamo continuo ai cicli della natura.

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Nato a Tallahassee FL nel 1961, Leonardo Drew ha frequentato la Parson School of Design di New York (1981-82) e ha conseguito il BFA alla Cooper Union for the Advancement of Science and Art di New York nel 1985. Tra le numerose mostre personali e installazioni pubbliche si ricordano Leonardo Drew al North Carolina Museum of Art di Raleigh NC (2020), City in the Grass al Madison Square Park di New York (2019), Leonardo Drew: Cycles, from the Collections of Jordan D. Schnitzer Foundation alla University of Massachusetts di Amherst (2018), Number 197 al de Young Museum di San Francisco (2017), Leonardo Drew: Eleven Etchings al Crown Point Press di San Francisco (2016), Unsuspected Possibilities al SITE Santa Fe (2015), Leonardo Drew al Columbus College of Art and Design (2013), Selected Works allo SCAD Museum of Art di Savannah (2013), Existed: Leonardo Drew alla Blaffer Gallery – Art Museum of the University of Houston e al Weatherspoon Art Museum di Greensboro (2009), le personali alla Galleria Napolinobilissima di Napoli (2011), alla Fine Art Society di Londra (2009), al Palazzo Delle Papesse – Centro Arte Contemporanea di Siena (2006), al The Fabric Workshop di Philadelphia (2002), alla Royal Hibernian Academy di Dublino (2001), allo Hirshhorn Museum and Sculpture Garden – Smithsonian Institution di Washington (2000), al The Bronx Museum of the Arts di New York (2000), al Madison Art Center (1999), alla University at Buffalo Art Gallery (1996), al Museum of Contemporary Art di San Diego (1995), Currents: Leonardo Drew al Saint Louis Art Museum (1996), la mostra al Herbert F. Johnson Museum of Art – Cornell University di Ithaca (1993). È rappresentato dalle gallerie Anthony Meier Fine Arts di San Francisco, Vigo di Londra e Galerie Lelong & Co. di Parigi e New York. Sito dell’artista: leonardodrew.com.
Riferimenti bibliografici
Sarah Cascone, Artist Leonardo Drew wants you to come play on his interactive ‘Magic Carpet’ in Madison Square Park this summer, in “Artnetnews”, 31 maggio 2019
Ian Rosenfeld, Un’utopia visiva, in Ivana Porcini, Ian Rosenfeld [a cura di], Leonardo Drew, Galleria Nobilissima, Napoli 2011
In Public and In Color: A Conversation with Leonardo Drew, in “Sculpture” 21 giugno 2019, https://sculpturemagazine.art/in-public-and-in-color-a-conversation-with-leonardo-drew/
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