Nata a Gand, Belgio, nel 1964
Vive e lavora a Gand
La metamorfosi, l’ibridazione, la morte e la decomposizione sono le forze potentissime e terribili che informano l’arte di Berlinde de Bruyckere. Il carattere perturbante che trasuda dalle sue sculture evoca il fascino perverso ed erotico di thanatos, della morte intesa come trasformazione, motore perenne dell’esistenza. La materia è congelata nell’istante di trasformazione tra l’organico e l’inorganico, tra il vegetale e il minerale, l’animale e l’umano; così lo sguardo, rivolto sul liminale e sul transeunte, rivela la vita in tutte le sue possibili manifestazioni. Tronchi decorticati, rami contorti, ossa spezzate, arti deformi, lembi di pelle, fibre muscolari lacerate e sangue: la carnalità è mostrata attraverso riferimenti al dolore e alla sofferenza che, insieme al senso di fragilità, alla solitudine, rimandano a un’umanità indifesa e minacciata, eppure pura e sempre in grado di esprimere forza e redenzione attraverso l’amore. L’uso ricorrente di materassi, coperte e stracci – giaciglio e rifugio – rimanda al calore e alla protezione necessari all’uomo.
Oltre ai materiali tradizionali della pittura, l’artista usa cera, legno, lana e altre stoffe per dare forma a una carnalità più vera del vero, che crea uno stridente contrasto con la forma contorta e spettrale assunta dalle sue figure. I corpi umani sono accoppiati (We are all Flesh, 2009), adagiati su cuscini (Pietà, 2007), piegati in un ultimo spasmo di dolore (Romeu, 2010), distesi su un tavolo di un’immaginaria morgue (Liggende, 2012): l’assenza della testa, mai presente oppure sempre coperta nei lavori dell’artista, aumenta il senso di violenza e il carattere di spoglia; frammento di carne tanto più potente quanto più allusivo di una totalità perduta. I colori sono quelli dei corpi sui tavoli d’anatomia e l’impiego di vecchie vetrine espositive di musei, panche di legno e tavoli in ferro rafforza il carattere scientifico del suo approccio. Questo si contamina con un’infinità di suggestioni che provengono dai miti, dalla storia e dalla religione. L’opera di de Bruyckere è complessa e stratificata. Actaeon (2012), mostra un cumulo di corna di cervo spezzate e insanguinate, avvolte in lembi si stoffa, evidente riferimento al mito ovidiano di Diana e Atteone: il simbolo di maestosità e virilità è diventato carcassa, spoglia che rimane dopo un atto di violenza selvaggia. Il cervo, o meglio la sua carogna scorticata, è già presente nei disegni e nelle sculture della serie Romeu “my deer” (2010-11). Altro animale ricorrente, perché simbolo di molte relazioni umane e di erotismo, è il cavallo: Les Deux (2001), con due carcasse distese tra barre di metallo, e The Black Horse (2003), figura deformata di un cavallo dal manto lucido.

L’albero è l’altro archetipo potente e ricorrente. Kreupelhout – Cripplewood (2012-13) presentato alla 55a Biennale d’arte di Venezia è la riproduzione in cera del tronco e dei rami di un olmo abbattuto che assumono i colori delle ossa: legno morto o corpo umano ferito, adagiato a terra e parzialmente coperto con bende e coperte, che si manifesta come un’evocativa presenza fuori dal tempo. Cortecce, rami e tronchi riprodotti in cera o di cera ricoperti, tornano in molti lavori grandi e piccoli, come San S. (2017-19), dove si evoca la figura del San Sebastiano, in Deux Corps (2019) e in Walburga 16 november ‘18 (2019), dove vengono adagiati, ancora una volta, su un giaciglio di coperte di lana.

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Nata a Gand nel 1964, Berlinde De Bruyckere è uno dei più importanti artisti belgi contemporanei, specializzata in sculture in vari materiali tra cui cera, legno, lana e pelle di cavallo, sebbene lavori anche ad acquerello e tempera. Tra le mostre personali più importanti si ricordano Aletheia alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino (2019), Berlinde De Bruyckere, San Sebastian alla Rubenshuis di Anversa (2019), De Wonderkamer van Axel Vervoordt, al DIVA – Museum voor Edelsmeedkunst di Anversa (2018), Berlinde De Bruyckere al Sara Hilden Art Museum di Tampere (2018), Berlinde de Bruyckere alla Chiesa di Santa Venera sulle Mura della Pace di Palermo (in occasione di Manifesta 12, 2018), Berlinde De Bruyckere alla Kunsthal Aarhus (2017), Berlinde De Bruyckere. Suture al Leopold Museum di Vienna (2016), Berlinde De Bruyckere alla National Gallery of Iceland di Reykjavik (2016), Berlinde De Bruyckere. The Embalmer alla Kunsthaus Bregenz (2015), Berlinde De Bruyckere. Sculptures & Drawings 2000-2014 allo S.M.A.K. di Gand (2014), Berlinde De Bruyckere. We are all Flesh all’ACCA (Australian Centre for Contemporary Arts) di Melbourne (2012), Mysterium Leib. Berlinde De Bruyckere im Dialog mit Cranach und Pasolini al Kunstmuseum Bern e al Kunstmuseum Moritzburg (2011), Berlinde De Bruyckere al Kunstmuseum di Lucerna (2007), Berlinde De Bruyckere. Schmerzensmann V alla Royal Academy of Fine Arts di Ghent (2007), Under Cover – aus dem Verborgenen. Berlinde De Bruyckere and Martin Honert alla Kunsthalle Düsseldorf (2006), One alla De Pont Stichting voor hedendaagse kunst / Foundation for Contemporary Art di Tilburg (2005), Berlinde De Bruyckere a La Maison Rouge di Parigi (2005), Caermersklooster al Provinciaal Centrum voor Kunst en Cultuur di Gand (2002). Ha partecipato alla Gwangju Biennale (2010), alla Berlin Biennale (2006) e alla 50a Biennale d’Arte di Venezia (Padiglione Italia, 2003). Ha rappresentato il Belgio alla 55a Biennale d’arte di Venezia, con la personale Berlinde De Bruyckere. Kreupelhout – Cripplewood (2013) in collaborazione con il Premio Nobel per la letteratura J.M. Coetzee. Nel 2009 è stata insignita del prestigioso “Flemish Culture Prize for Visual Arts” e nel 2015 ha ottenuto la laurea honoris causa presso l’Università di Gand. È rappresentata dalla Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana e da Hauser & Wirth di Zurigo, Londra e New York.
Riferimenti bibliografici
Sarah Douglas, Berlinde de Bruyckere, in “Art+Auction” (maggio 2009), pp. 47-106
Mine Haydaroglu, Berlinde de Bruyckere. Arter/Çukurcuma Hamman, in “Artforum”, ottobre 2012, p. 286
Murat Alat, Berlinde De Bruyckere. La virtù del vivere in vetrina, in “Flash Art” #310 (maggio-giugno 2013)
Bianca Visser, Berlinde de Bruyckere. Figuras de la ausencia, in “Exit Express”, maggio 2013
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