Nato a Pejë, Kosovo, nel 1970
Vive e lavora a New York
«Sono nato in Kosova, ho vissuto in Italia e ora sono negli Stati Uniti. Quella che mi descrive è una realtà fluttuante».
Artista nomade che ha esperito in prima persona il conflitto etnico e l’emigrazione, Sislej Xhafa esplora temi quali l’incontro tra i popoli, la coesistenza più o meno obbligata tra persone e culture, il confronto continuo con l’altro, pregiudizi e xenofobia. Nei suoi lavori c’è sempre un intento antropologico e “politico”, nel senso più alto, e l’indagine attenta verso le più urgenti e attuali questioni della contemporaneità. Fotografia, video, performance e installazioni sono le tecniche espressive tra le quali Xhafa si muove con risultati formali sorprendenti, che sfruttano il banale per narrare la complessità.
Nel 1997, alla 48a Biennale di Venezia, Xhafa dà vita a un “padiglione ambulante”, il padiglione clandestino albanese: vestito come un calciatore, con la maglia e una bandierina dell’Albania, l’artista tiene in mano un pallone e indossa uno zainetto dal quale un altoparlante diffonde la radiocronaca di una partita di calcio. È una prima, ma già matura, esplorazione dei concetti di clandestinità e illegalità, di partecipazione e integrazione.
In Again, Again (2000) Xhafa ingaggia la Royal Flemish Philharmonic Orchestra per suonare alcuni brani di musica classica; i musicisti indossano un minaccioso passamontagna, simbolo che rievoca la criminalità comune, ma anche i gruppi paramilitari di ogni tipo, che possono compiere atti di pulizia etnica o lottare per la libertà. La performance, presentata allo SMAK di Gand, è stata poi riproposta in varie occasioni come al MAXXI di Roma nel 2016 insieme all’Orchestra d’archi Roma Sinfonietta.
Association in Yellow (2005) presenta una giacca oversize in tessuto giallo con stampato un elenco di circa duemila nomi di avvocati newyorkesi estratto dalle Pagine Gialle: è una rappresentazione del potere e della giustizia e di come queste operano nei confronti dei cittadini. Il lavoro si collega alla performance Yellow Associates in Motion, realizzata a New York sempre nel 2005, in cui un gruppo di attori vestiti come avvocati girava per le strade di Manhattan su un camion degli anni Cinquanta, gridando i nomi di tutti i legali al lavoro in città.
L’artista è sempre legato all’Italia e sempre attento ai temi dell’attualità e ai fatti di cronaca. Tractatus Logicus Flat (2013), presentato alla 55a Biennale di Venezia (2013), è una bara completamente ricoperta di schedine dell’enalotto: l’illusione della fortuna sembra essere una delle droghe più potenti del nostro tempo, successo per pochissimi, rovina per molti. Alla stessa rassegna anche la performance Parallel Paradox (2013): un parrucchiere/performer, Diego, era seduto tra i rami di un albero al Giardino delle Tese alle Vergini e invitava i visitatori a salire una scala e prendere posto accanto a lui per un taglio di capelli.
Sislej Xhafa, Sunshine, 2016, plow, light bulbs. Exhibition: “Rosa azul” at Museo Nacional De Bellas Artes, Cuba, 2018. Photo by Nestor Kim. Courtesy of the artist and GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Emblematica l’opera che ha dato il titolo alla mostra al MAXXI di Roma del 2016, Benvenuto (2016), una semplice e in apparenza marginale scritta in braille sulla porta vetrata d’ingresso al museo: la parola «benvenuto» riportata nel punto di passaggio tra interno. ed esterno (della mostra, del museo) consente una riflessione sulla natura stessa dell’istituzione museale che è al tempo stesso luogo destinato all’accoglienza del pubblico e alla valorizzazione dell’arte, ma anche istituzione preposta alla sua conservazione e protezione. In senso lato il museo è così metafora di tutta la nostra società occidentale.
Già nel 2000 per Arte all’Arte Xhafa aveva scavato il terreno di una collina davanti a Casole d’Elsa, riportando a caratteri cubitali la stessa parola «benvenuto». Anche in questo caso era l’invito all’apertura e dell’accoglienza, che si univa a una riflessione sullo scorrere del tempo e delle stagioni e sull’incessante divenire delle cose: l’erba infatti è presto cresciuta e la scritta è oggi scomparsa.
Sempre in occasione della mostra al MAXXI, Xhafa ha presentato Fifteen Centimeter High Tide (2016), nuova installazione concepita per gli spazi del Museo. L’opera è una grande gabbia in acciaio che si sviluppa lungo la parete curva e inclinata della Galleria 2, come la cella di un penitenziario: dalle sbarre escono coppie di mani atteggiate in gesti diversi che alludono a persone delle quali si può solo intuire la presenza, testimoni di infinite possibili storie che parlano di confini e barriere.
Sislej Xhafa, Fifteen centimeter high tide (Quindici centimetri di alta marea), 2016, metal bars, wax, variable dimensions. Exhibition: “Benvenuto! Sislej Xhafa” at MAXXI, Roma, 2016. Photo by Giorgio Benni. Courtesy of the artist and GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana. Courtesy Fondazione MAXXI, Roma
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Nato a Pejë, in Kosovo, nel 1970 a vent’anni Sislej Xhafa si è trasferito in Italia e si è formato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dall’inizio degli anni 2000 vive e lavora a New York. Tra le mostre personali si ricordano Rosa azul al National Fine Arts Museum of Havana (2018), Ephemeral installation for Children Action al Parc des Bastions di Ginevra (2017), Infermeria allo ZAC di Palermo (2017), Benvenuto! al MAXXI di Roma (2016), millimeter sentiments al Cressman Center for Visual Arts di Louisville KY (2016), START point alla Accademia di Belle Arti di Firenze (2016), harrova që fillova (I forgot that I started) alla MAM Foundation di Tirana (2014), Still Untitled al MADRE di Napoli (2011), Y all’Hardau City Park e all’Institute of Contemporary Art Research ZHdK di Zurigo, (2011), 2705 Baci… al Röda Sten di Göteborg (2010), NEONS al Plaine de Plainpalais (progetto di arte pubblica) a Ginevra (2009), Giuseppe alla GAMeC Galleria d’Arte Moderna di Bergamo (2007), stuztespia al Museo Carlo Zauli di Faenza (2006), Opportunistisch Naturalistisch alla SKUC galerija di Ljubljana (2006), Miedo Total (bi-personale con Adel Abdessemed) alla Fundació La Caixa di Barcelona (2004), Giuseppe al MART di Trento (2004), Vetrine della Calcografia: See no evil / hear no evil / speak no evil all’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma (2003), Nivea al W139 di Amsterdam (2003), Heavy Metal alla Galleria d’Arte Moderna di Bergamo (2002) Siyum allo Aarhus Kunstmuseum e alla Kunsthalle di Berna (2001) e le personali alla Fondazione Olivetti di Roma (2000) e alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna (1997). Ha partecipato alla 48a, 55a e 57a Biennale d’arte di Venezia (1999, 2013 e 2017) e organizzato il Clandestine Albanian Pavilion alla 47a Biennale d’arte di Venezia (1997). Ha conseguito, tra gli altri, il “Premio Querini-Furla per l’Arte” (2000) e il “Minum prize” della Fondazione Pistoletto di Biella (2001). È rappresentato dalla Galleria Continua di San Gimignano, dalla De Buck Gallery di New York e da Blain|Southern di Londra, Berlino e New York.
Riferimenti bibliografici
Simone Ciglia, Sislej Xhafa. Eleganza e splendore della forza clandestina, Postmedia Books, Milano 2019
Hou Hanru, Luigia Lonardelli Benvenuto nell’oscurità, in Hou Hanru, Luigia Lonardelli [a cura di], Benvenuto! Sislej Xhafa, Quodlibet MAXXI, Macerata, 2016
Rachel Vancelette, Biennale di Venezia 2017: Sislej Xhafa, l’intervista, in “Vogue”, 12 maggio 2017, https://www.vogue.it/news/notizie-del-giorno/2017/05/12/biennale-venezia-2017-sislej-xhafa-lost-and-found
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