Marco Antonio Castillo Valdes (Camagüey, Cuba, 1971) e Dagoberto Rodríguez Sánchez (Caibarién – Las Villas, Cuba, 1969)
Vivono e lavorano tra Madrid e L’Avana
Per chi vive in una società che dall’aperta e fiera opposizione ai modelli del capitalismo occidentale vive una stagione di transizione e apertura, è quasi inevitabile porre al centro della propria riflessione artistica le dinamiche sociali e umane. Cuba rappresenta un unicum nel mondo, anche nella stessa America Latina, ma è in tutto e per tutto paese latinoamericano, dove la ricchezza, la bellezza e il calore si sono adombrati con le stesse sfumature di violenza e limitazione di libertà che ben altrimenti hanno insanguinato il resto del Sudamerica. L’ironia diventa lo strumento attraverso il quale riuscire a veicolare messaggi potenzialmente dirompenti e libertari laddove c’è limitazione della libertà.
Los Carpinteros, fedeli al loro nome, hanno creato un corpus di opere dove la pratica artigianale torna ad essere protagonista nell’altissima qualità, eleganza e bellezza formale dei loro prodotti: sculture, disegni e installazioni traggono spesso ispirazione dal mondo degli oggetti e particolarmente da quello delle forniture d’arredamento, dai materiali da costruzione e dagli strumenti di lavoro. La loro arte gioca in modi inaspettati e spesso umoristici sulla contraddizione tra forma e funzione, utilità e inutilità, esplorando la natura degli oggetti e mostrandone i lati assurdi, la dicotomia tra funzionale e non funzionale. Da questi presupposti si sviluppa una più generale riflessione sui temi del lavoro, dello sfruttamento, dei rapporti di produzione, dei flussi di commerci e dei meccanismi che regolano l’economia mondiale o che potrebbero regolare altre economie possibili. Il disegno, come i modelli in legno di mobili assurdi o di costruzioni impossibili provenienti da un futuro utopico, svolgono il ruolo fondamentale di finte bozze tecniche e di potenziali progetti architettonici o di falegnameria.

Mostrare oggetti familiari in posizioni insolite moltiplica le possibilità di senso e mette in discussione il significato più ovvio che attribuiamo alle cose. Le torrette di avvistamento distese e accatastate di Sistema (2006) alludono ai sistemi di sorveglianza usati nei carceri e in generale al potere di vigilanza e controllo a cui siamo sottoposti quotidianamente. Faro tumbado (2006) presenta un faro adagiato su un fianco e ancora funzionante nel metaforico (e un po’ grottesco e a tratti tenero) tentativo di continuare a dare, anche in quella posizione, un orientamento (morale?) alle persone.
L’accumulo di oggetti è ricorrente in alcune istallazioni come Clavos Torcidos (2013), Patas de rana (2010) o El barrio (2007) e si accompagna alla serialità modulare presente in alcuni lavori che ripetono il tema dei cassetti (es. Estuche / Jewelry Case, 2000), quello di strutture alveolari (Sala de Lectura Ovalada, 2011) o del mattoncino lego (Robotica, 2013). In Estuche / Jewellery Case una enorme bomba a mano che si presenta come una cassettiera denuncia l’assurdità della guerra e ironizza sul tema degli archivi della memoria. Downtown (2002-2003) trasforma alcuni celebri edifici della cuba castrista in mobilio, delle cassettiere dalle forme insolite.
Sostituendo il cinismo con un approccio ironico, il lavoro dei Los Carpinteros affronta il problema della conoscenza attraverso microfratture nel complesso significato/significante e attraverso l’uso disorientante gli oggetti: la loro arte rompe la logica del rapporto tra potere e verità (che Foucault vede come naturale e inevitabile), configurandosi come possibile e silenziosa eversione ad ogni forma di autorità totalizzante.

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Il collettivo artistico Los Carpinteros è stato fondato nel 1992 all’Avana da Castillo Valdes, Rodríguez Sánchez e Arrechea Zambrano (che ha lasciato il gruppo nel 2003). Tra le mostre personali si possono ricordare Intersections, Cuba Va! alla The Phillips Collection di Washington D.C (2019), Los Carpinteros: hacia una lectura expandida alla Galería NC-Arte di Bogotá (2017), Los Carpinteros alla Carpintarias de São Lázaro di Lisbona (2017), O Objeto Vital al Centro Cultural Banco do Brasil di San Paolo / Brasilia / Belo Horizonte / Rio de Janeiro e al Museu Oscar Niemeyer di Curitiba (2016-17), Catedrales al Museo Nacional de Bellas Artes di L’Avana (2016), Los Carpinteros alla Parasol Unit Foundation for Contemporary Art di Londra (2015), Silence your eyes al Kunstverein Hannover (2013), al Contemporary Arts Center di Cincinnati (2006) e al Museum London (2007), Los Carpinteros: Inventing the World / Inventar el mundo all’USF Contemporary Art Center di Tampa (2005) e al Chicago Cultural Center (2006), Fluido al Museo Nacional de Bellas Artes di L’Avana (2003), Ciudad Transportable al PS1 Contemporary Art Center di New York (2001), Los Carpinteros al San Francisco Art Institute (2001) e Bili Bidjocka/Los Carpinteros/Rivane Neuenschwande al The New Museum of Contemporary Art di New York (1998). Hanno partecipato a molte biennali sudamericane tra le quali le Bienal de La Habana del 1994 e 2000 ed erano presenti alla 51a Biennale d’arte di Venezia, IILA Pavilion (2005). Hanno ricevuto la Medalla por la Cultura Nacional dal Ministerio de Cultura cubano (2002) e il Premio Fomento de las Artes dell’UNESCO (2000). Le gallerie di riferimento sono la Sean Kelly Gallery di New York, la Galeria Fortes D’Aloia & Gabriel di San Paolo, la Galería Habana di L’Avana e la Galerie Peter Kilchmann di Zurigo.
Riferimenti bibliografici
Michael Slenske, Cuba rising: Los Carpinteros air political views in Mexico City, in “Wallpaper”, aprile 2016.
Wendy Moonan, Los Carpinteros’ Playful Impertinence, in “Architectural Review”, 15 maggio 2013.
Paulo Herkenhoff, Los Carpinteros: Dismantling the World, in Gudrun Ankele, Daniela Zyman, Francesca von Habsburg, Paulo Herkenhoff [a cura di], Los Carpinteros : handwork : constructing the world, Verlag der Buchhandlung Walther König, Colonia / New York 2010.
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