Nato a Midland, Michigan, nel 1952
Vive e lavora a Los Angeles
È il sogno di ogni bambino, o di ogni adulto rimasto tale, entrare fisicamente in un fumetto, camminare dentro le affascinanti illustrazioni delle enciclopedie didattiche, quelle belle degli anni Sessanta come Conoscere o I Quindici, oppure aggirarsi realmente tra le pieghe di un pop-up colorato e complesso. Scoprire dettagli inaspettati che solo il cambiamento di scala, operazione di per sé straniante, rende visibili può però trasformare il sogno in qualcosa di diverso, inquietante. Vivere tutto questo è possibile nelle installazioni di Jim Shaw, artista americano che attinge alla miscellanea visiva offerta dall’industria culturale delle riviste pulp, degli album rock, dei manifesti pubblicitari o di propaganda e, appunto, dei fumetti, il tutto filtrato attraverso la sensibilità personale e le suggestioni della storia e dell’attualità. La combinazione di questi elementi ci parla di temi come la violenza, la guerra, il consumismo, il fanatismo religioso e in generale di tutte le contraddizioni della società americana.

I soggetti di Magritte, Guernica e il Picasso surrealista, Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile e le altre visioni oniriche di Dalì, l’incubo atomico, sono tutte immagini che tornano e ritornano, si stratificano come in un palinsesto palesemente postmoderno, e denotano una naturale inclinazione dell’artista per ciò che si ricollega all’universo surrealista, senza peraltro ingessarsi in un unico stile, ma spaziando attraverso varie modalità espressive e stilistiche. La profonda attrazione per il sogno, e ancora di più per la dimensione della follia, sono il vero motore di tutto questo immaginario che si manifesta nei cicli Dream Drawing e Dream Object: creazioni oniriche plasmatesi su una iconografia popolare che ormai appartiene a tutti.

Al di là della dimensione ambientale dei grandi lavori come I dreampt I was taller than Jonathan Borofsky o The End is Here (2015), alcune operazioni dell’artista americano sono apertamente performative e concettuali. Shaw ha costituito una setta religiosa, l’Oism. Ripercorrendo con ironia dissacrante i passi di L. Ron Hubbard, fondatore di Scientology, e di altri sedicenti nuovi messia, Shaw ci offre qualcosa che in fondo non è meno credibile dei suoi più illustri precedenti pur sguazzando liberamente nel sarcasmo: l’Oism annovera nel suo pantheon divinità come Loki, fratello di Thor, l’attivista giamaicano Marcus Garcey e l’artista Linda Benglis; strappandoci sorrisi amari, testimonia ancora una volta l’interesse per ogni forma di manifestazione moderna dell’irrazionale e ha ispirato disegni, dipinti, fotografie, serigrafie e videoinstallazioni. L’artista continua ad appassionarsi agli effetti generati dalla giustapposizione e dall’ibridazione di alcune icone del nostro presente postmoderno, era del trionfo dell’immagine, da Superman al Lacoonte, da Fantômas a George Washington, dalle icone della letteratura anni Cinquanta a quelle del cinema degli anni Settanta, assecondando quel metodo “cut up”, il taglio e ritaglio inventivo, proprio di Borroughs e della narrativa della Beat Generation.

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Nato a Midland nel 1952, Jim Shaw consegue il BFA alla University of Michigan (1974) e il MFA al California Institute of the Arts di Los Angeles (1978). Tra le mostre personali più interessanti si ricordano Michigan Stories: Mike Kelley and Jim Shaw al The Broad Art Museum – MSU di Michigan (2018), Jim Shaw: The Wig Museum alla Marciano Art Foundation di Los Angeles (2017), End is Here al New Museum di New York (2015), Entertaining Doubts al MASS MoCA di North Adams, MA (2015), I Only Wanted You to Love Me al Metro Pictures di New York (2014), The Hidden World: Jim Shaw – Didactic Art Collection alla Chalet Society di Parigi (2013) e al Centre Dürrenmatt di Neuchâtel (2014), Jim Shaw: The Rinse Cycle al Baltic Centre for Contemporary Art di Gateshead (2012), Jim Shaw’s Dream Drawings al LACMA di Los Angeles (2012), Jim Shaw al Metro Pictures di New York (2012), Jim Shaw: Fumetto all’International Comix-Festival di Lucerna (2011), Left Behind al CAPC – Musée d’Art Contemporain de Bordeaux (2010), The Donner Party al P.S.1 Contemporary Art Center di New York (2007), “O” Oist Inspired Works al MAGASIN Centre National d’Art Contemporain de Grenoble e alla Kunsthaus Glarus (2004), Jim Shaw Everything Must Go! 1976-1999 al Casino-Luxembourg (1999), al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Ginevra (2000) e al Contemporary Arts Center di Cincinnati (2000), Jim Shaw: My Mirage alla Matrix Gallery di Berkeley (1990) e al St. Louis Museum of Art (1991). Il suo lavoro è stato presentato in numerose importanti mostre collettive tra cui la Whitney Biennials del 1991 e del 2002 e la 55a Biennale d’Arte di Venezia (2013). È rappresentato dalle gallerie Simon Lee di Londra, New York e Hong Kong e Massimo de Carlo di Milano.
Riferimenti bibliografici
Doug Harvey, Mad World – Jim Shaw’s wondrous and difficult year, in “Modern Painters”, novembre 2012, pp. 73-77
Adrian Searle, Artist Jim Shaw stuffs American pop culture through the Rinse Cycle, in “The Guardian”, 8 novembre 2012, https://www.theguardian.com/artanddesign/2012/nov/08/artist-jim-shaw-rinse-cycle
Shira Backer, Jim Shaw, in Il Palazzo Enciclopedico. Guida Breve, Marsilio, Venezia 2013, p. 167
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