Nato ad Augusta, Germania, nel 1968
Vive e lavora a Berlino
«Cerco la bellezza nella sporcizia. Trovi i colori più interessanti nelle aree di servizio autostradali e nei cespugli. Un insieme di sacchetti di patatine, scarpe da ginnastica, vomito e ciuffi di capelli. Queste sono combinazioni di colori che gli artisti raramente guardano. La poesia si nasconde sotto il lavello della cucina. Il mondo infuria sotto le mie unghie» (Martin Eder in conversazione con Thomas Girst, 2018).
L’iperrealismo è sempre frutto di una perizia tecnica sorprendente che lascia lo spettatore di fronte all’evidenza fotografica. Più vere del vero le immagini di Martin Eder rendono plausibili scenari fantasy e situazioni surreali, seducenti e inquietanti, che traslano atmosfere e personaggi da favola nella dimensione dell’eros più puro e nella perversione della carne. I corpi nudi di donna o bambina si mostrano nella loro sfrontatezza seducente di prostitute-eroine, lo sguardo verso lo spettatore, le carni odorose e morbide, sode o decadenti, piegate a lasciare intravedere ogni orifizio. Gesti e pose derivano dall’universo della pornografia e della prostituzione, ma il calore e la possibile volgarità si spengono e su tutto aleggia una strana malinconia, forse una certa rassegnazione, o al contrario il distacco di esseri superiori e celesti, persi nell’indifferenza metafisica per l’ambiente che li circonda e per la propria nudità. La dimensione del sogno è velata da un senso di angoscia e pericolo, e su tutto soffia lieve un senso di morte e decadenza, sospensione temporale, claustrofobia, gelo. I colori plumbei evocano le atmosfere del simbolismo; gli animali, domestici o selvaggi, pesci o creature fantastiche, richiamano sogni e perversioni degne dell’estetica surrealista; armi e armature guardano a un immaginario gotico che ritorna in continuazione.

Tutto questo si stratifica e contamina. Se l’iperrealismo dei soggetti e di alcuni dettagli seduce con la forza dirompente della carne, i fondi pittorici e alcuni tratti espressionisti riportano l’immagine alla dimensione fantastica. Si oscilla incessantemente tra tensioni opposte e ci si perde in questa duplice sospensione tra verosimile e immaginario, tra realtà e fantasia. Lo spettatore si lascia sedurre dalla commistione di bello e brutto. È portato al risveglio di desideri profondi e, al contempo, alla vergogna di fronte all’oggetto del proprio desiderio, che gli si ostenta davanti, senza filtri, in una dissacrante riproposizione in altri termini delle idee cattoliche di tentazione e peccato.

La scelta della pittura, dell’acquerello e del disegno a matita, come media d’elezione, laddove l’artista avrebbe potuto usare con pari forza la fotografia, strada peraltro pure intrapresa, è scelta che rimanda all’arte tradizionale, all’arte borghese, nel tentativo riuscito di amplificare la carica distruttiva e dissacratoria del messaggio.

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Nato ad Augusta nel 1968, ha frequentato l’Akademie der Bildenden Künste di Norimberga e nel 1996 si laurea presso la GHK Gesamthochschule di Kassel. Tra il 1996 e il 1999 studia presso la Hochschule für Bildende Künste di Dresda. Tra le mostre personali presso istituzioni pubbliche si ricordano Parasites alla Newport Street Gallery di Londra (2018), Psychic al MUDAM di Lussemburgo (2017), Above Us Only Sky al Mönchhaus Museum Goslar (2017), Martin Eder. Der dunkle Grund allo Staatliche Kunstsammlungen Dresden (2009), Martin Eder. Fotografie: Die Armen alla Mannheim Kunsthalle e al Gemeentemuseum dell’Aia (2008), Martin Eder. Die Armen al Mönchehaus Museum für Moderne Kunst di Goslar (2008), Phantasie der Erwachsenen al Kunstverein Potsdam (2003), Forever Isn’t Very Long alla Städtische Kunstsammlung di Augusta (2001). Ha partecipato ha Documenta X a Kassel (1997). È rappresentato dalla galleria EIGEN + ART di Berlino e dalla ProjectB Gallery di Milano. Sito dell’artista: martineder.com.
Riferimenti bibliografici
Richard Leydier, Martin Eder. À l’ombre des jeunes filles en pleurs, in “Artpress”, #375 (febbraio 2001), pp. 38-42
Sven Schumann, Martin Eder. On repression, in “Purple Diary”, n° 20 (2013), http://purple.fr/article/martin-eder/
Rosalind Hayes, Martin Eder: Parasites, in “Studio International”, 10 ottobre 2018, https://www.studiointernational.com/index.php/martin-eder-parasites-review-newport-street-gallery-london
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