Nato a Venezia nel 1979
Vive e lavora tra Amsterdam e Venezia
Sensibile artista concettuale della generazione dei nati attorno al 1980, Giorgio Andreotta Calò adotta un bagaglio di soluzioni tecniche ed espressive che rimandano alle ricerche concettuali e processuali degli anni Sessanta e Settanta. L’artefatto, l’oggetto ricontestualizzato e gli interventi ambientali restano come la traccia documentaria di azioni solitarie e di ricerche antropologiche. Il marginale, il liminale diventano così protagonisti assoluti di opere scultoree e installazioni sempre più complesse e coerenti.
Con il cuore di un poeta e la mente di un maestro zen Calò è capace di scovare le molteplici corrispondenze e le assolute armonie nelle cose e nei gesti. La sua ricerca mette al centro i concetti di spazio e tempo in relazione all’esistenza degli individui, la materia e quelle che sono le sue continue trasformazioni, l’idea di stratificazione, il confronto tra l’azione della natura e il lavoro umano come forze che inducono il cambiamento. Le forme proposte e i materiali scelti sono funzionali a questa narrazione.
L’attraversamento degli spazi, lo scorrere del tempo, la transitorietà come elemento imprescindibile della vita, l’irripetibilità degli eventi sono al centro della sua poetica. I primi importanti lavori dell’artista partono da questi presupposti. Dal Tramonto all’Alba è una azione realizzata nel 2006 nella torre del Parlamento di Sarajevo: danneggiato durante l’assedio del 1996, lo scheletro di cemento della torre lascia passare i raggi del sole all’alba e al tramonto; alcuni potentissimi fari fresnel ricreano artificialmente e per tutta la notte proprio queste condizioni di illuminazione. L’anno successivo, sempre a Sarajevo, Calò attraversa a piedi la città, da est ad ovest, dando via ad una pratica che è poi diventata fondamentale nel suo lavoro: il camminare. Alcune azioni mettono in scena proprio il tema del viaggio. Così ad esempio ne Il prodigioso Cristo di Limpias (2008) l’artista compie un cammino solitario tra Francia, Spagna e Portogallo allo scopo di raggiungere l’immagine miracolosa del Cristo, collegandola idealmente a una copia conservata a Venezia, sua città natale. Oppure in Ritorno (2011) cammino di 1.200 Km da Amsterdam, dove Calò lavora, a Venezia, che viene infine evocato da un’installazione sonora nel Giardino delle sculture di Carlo Scarpa. Venezia, con la sua tipicità e il suo rapporto speciale con l’elemento acqua, assume la dimensione di un archetipo con il quale Calò si confronta sempre e che torna come metro di paragone nell’esplorazione di altre realtà particolari.
L’acqua non a caso è spesso uno dei mezzi espressivi prediletti. Senza titolo (La fine del mondo) (2017) presentata alla 57a Biennale d’Arte di Venezia è un’imponente installazione che altera lo spazio del Padiglione Italia: il visitatore è invitato a salire una rampa che consente la visione di uno spazio rialzato ricoperto d’acqua, un bacino nel quale si specchiano le capriate della copertura.

Le performance e le pratiche legate all’effimero trovano poi contraltare nel residuo oggettuale che ne conserva la memoria e assume, ricontestualizzato dall’artista o sublimato nella riproduzione artistica tradizionale (es. fusione a cera persa), un’imprevista quanto dirompente carica estetica. Da questi presupposti nascono le serie di lavori più noti: le Clessidre, le Meduse, i Carotaggi e le Pinnae Nobilis. Le prime, in bronzo, hanno la forma delle briccole, i pali in legno piantati nelle acque della laguna di Venezia e che con il tempo, sottoposti all’azione della marea, vengono erosi nella parte centrale: l’opera cristallizza e dà forma ad un processo entropico naturale di progressiva distruzione della materia e lo fa richiamando proprio la forma della clessidra, antico strumento di misurazione (es. Scolpire il Tempo, 2010). Dalle stesse briccole, levigate in forma arrotondata nella parte superiore, hanno origine anche le Meduse. I Carotaggi (es. Produttivo, 2019) sono una serie di lavori cominciati nel 2014 che vedono l’impiego di campioni di materiale prelevato dal sottosuolo in occasione di ricerche geologiche: è il modo per evocare in modo diretto un preciso contesto geografico e le sue stratificazioni – spesso i prelievi sono fatti nella laguna di Venezia. La Pinna nobilis infine è un grande bivalve dal quale si ricava il bisso marino, un materiale filamentoso usato in passato per la tessitura: Calò espone esemplari originali e riproduzioni in bronzo, evocando il mondo sommerso ed esplorando così la simbologia del doppio e l’idea di specularità.
La memoria collettiva e dei luoghi è al centro anche di altri lavori pieni di poesia. Si ricordano Per ogni lavoratore morto (2010), enorme scheggia di marmo collocata in una chiesa sconsacrata di Carrara per celebrare il lavoro dei cavatori di marmo, e 22 luglio 1911 – 22 luglio 2011 (2011), colossale spettacolo pirotecnico in ricordo dell’incendio che distrusse il teatro Margherita di Bari.

Photo Federico Gavazzi
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Nato a Venezia nel 1979, Giorgio Andreotta Calò ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia (1999-2005) e ha continuato i suoi studi presso la Kunsthochschule di Berlino (2003-2004). Dal 2001 al 2003 e nel 2007 è stato assistente di Ilya e Emilia Kabakov. È stato artista in residenza presso la Rijksakademie Van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011). Ha tenuto mostre personali in tutta Europa, tra le quali si ricordano CITTÀDIMILANO al Pirelli Hangar Bicocca di Milano (2019), Anastasis alla Oude Kerk di Amsterdam (2018), 5122.65 Miles alla Depart Foundation di Los Angeles (2016), Anche le sculture muoiono alla Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze (2015), la personale all’Istituto di Cultura Italiana e l’intervento al Palais de Tokyo di Parigi (2014), In girum imus nocte et consumimir igni alla Fondazione MACC – Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta (2013), 08.09.2012 – 21.10.2012 allo SMART Project Space di Amsterdam (2012), 1979-2009 alla Galleria Civica di Trento (2009). Il suo lavoro è stato presentato alla 54a Biennale d’Arte di Venezia (2011) e l’artista ha rappresentato l’Italia alla 57a edizione dell’esposizione internazionale d’arte veneziana (2017). Ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea, promosso dal Museo MAXXI di Roma (2012), e il Premio New York, promosso dal Ministero italiano degli Affari Esteri (2014). È rappresentato dalla Galleria Zero di Milano.
Riferimenti bibliografici
Fiammetta Griccioli, Mariagiulia Leuzzi, Giorgio Andreatta Calò. Città di Milano, Pirelli HangarBicocca, Milano 2019
Valentina Bartalesi, La realtà sommersa e metafisica di Giorgio Andreotta Calò, in “Atp Diary”, 19 febbraio 2019, http://atpdiary.com/andreotta-calo-cittadimilano-hangar/
Mara Ambrozic, Giorgio Andreotta Calò, in “Flash Art”, 23 Settembre 2015, https://flash—art.it/article/giorgio-andreotta-calo/
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