Nato a Santa Monica, California, nel 1951
Vive e lavora a tra Berlino e New York
Matt Mullican ha fatto dello studio attorno ai meccanismi di percezione della realtà il fulcro principale della sua ricerca artistica. A partire dagli anni Settanta questa si declina nella triplice strada della performance, dell’animazione al computer e dell’installazione, nella quale trovano posto pittura, fotografia e arte grafica.
Nel campo della performance Matt Mullican è stato uno dei primi artisti ad utilizzare l’ipnosi per esplorare il funzionamento e i condizionamenti nella percezione e per forzare e spingere i limiti soggettivi verso nuovi confini. Dopo alcune azioni svolte in stato di trance, nel 1979 ha realizzato la prima performance sotto ipnosi nella quale ha sperimentato stati di alterazione della personalità. La ricerca dell’«altro dentro di noi» lo porta a sviluppare tutta una serie di lavori attorno al concetto di «That Person» [lett. «Quella Persona»]. Untitled (Learning from That Person’s Work) (2005) è costituito da un grande labirinto di lenzuola su cui sono esposti una serie di disegni realizzati in stato di ipnosi: testi, numeri, immagini e diagrammi, che rivelano i tratti caratteristici del subconscio dell’artista.
Le installazioni generano un universo ricco e colorato, pieno di simboli e segni iconici, che l’artista chiama «Signs» e che provengono dalla segnaletica stradale e urbana, dall’informatica, dai fumetti e dal cinema, della simbologia religiosa (mandala, ideogrammi, etc.) e da alfabeti non occidentali. L’artista crea così una propria cosmologia, che lo porta a configurare la realtà come suddivisa in cinque categorie – «Five Worlds» – ognuna rappresentata da un colore: il verde per gli elementi fisici e materici; il blu per la vita quotidiana; giallo per gli elementi che acquistano valore attraverso la cultura (tra questi rientra anche l’arte); il nero per il linguaggio e i simboli; il rosso per la soggettività e le idee. Si vedano ad esempio gli otto banner rossi Untitled (1986) o i quattro stendardi Untitled (1990).
Creare mondi virtuali immersivi è da un certo punto di vista come entrare in una condizione mentale alterata, al pari di quella generata dall’ipnosi. La città è naturale contenitore di azioni e relazioni umane. Computer project (1986-90) è un ambiente possibile, costituito da volumi colorati e da simboli che appartengono alla stessa cosmologia dell’artista sviluppata nella produzione grafica pittorica e nelle installazioni. Ulteriore evoluzione di Computer project, il video Five into One (1991-92) è un viaggio virtuale compiuto da Mullican attraverso la sua città virtuale.
Queste tre strade distinte e affini – performance, installazione e video – convergono nella ricerca attorno alla semiologia, al linguaggio, ai livelli e ai modi della percezione. Nelle installazioni l’artista riesce a dare sintesi ed amplificare l’effetto della sua arte e non sorprende l’attenzione maniacale per le strategie espositive, il giocare sulle dimensioni, l’offrire allo spettatore ambienti immersivi e suggestivi, mettere in rapporto visivo e dialettico media diversi. Proiezioni video o fotografie dell’artista in stato di ipnosi o trance si sono affiancate spesso a quelle di ambienti 3D. Nelle installazioni sono esposti lavori autonomi, ma anche appunti, immagini fotografiche prese da internet o da altre pubblicazioni, opere d’arte provenienti da musei (sovente i musei nei quali realizza le sue mostre) e readymade. Stendardi, lightbox, tavoli, bullettinboards (piani di legno inclinati o accoppiati a formare dei corridoi percorribili) sono le strategie espositive più usate.

Dal 1984 Mullican realizza lavori con la tecnica del rubbing, ovvero per sfregamento diretto, forma primordiale di riproducibilità̀ di un’immagine. Dallas Project (Third Version) (1987) si compone di 416 fogli in bianco e nero e al suo interno raccoglie l’intera cosmologia di segni dell’artista.
Più recenti, ma sempre esemplari sia per la vocazione a lavorare “in grande” e a un approccio di tipo “ambientale” che per le tecniche e i materiali impiegati, sono Untitled (Sign) (2017) e Untitled (Tin Tin World Framed on top of World and Sign) (2018).

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Nato a Santa Monica nel 1951, Matt Mullican ha conseguito il BFA al California Institute of the Arts nel 1974. Tra le numerose mostre personali si ricordano Representing the work al MAC’s di Hornu (2020), Matt Mullican: Banners alla Skulpturenhalle di Neuss-Holzheim (2019), Matt Mullican al NC-Arte di Bogotà (2019), Between sign and subject al De Young Museum di San Francisco (2019), The Feeling of Things al Pirelli HangarBicocca di Milano (2018), Nothing Should Exist al Kunstmuseum Winterthur (2016), The Sequence of Things al Camden Arts Centre di Londra (2016), The Meaning of Things alla Fondazione Ratti di Como (2013), That World / Ese Mundo al Museo Tamayo di Città del Messico (2013), Organizing the World alla Haus der Kunst di Monaco (2011), matt mullican under hypnosis alla Tate Modern di Londra (2007), Arte nel cantiere del nuovo museo al Museion di Bolzano (2006), Learning From That Person’s Work al Museum Ludwig di Colonia (2005), Matt Mullican alla Kunsthalle Basel (2001), Mullican Frame. More Details from an Imaginary Universe alla Fundação de Serralves di Porto (2000) e al Kunstmuseum St. Gallen (2001), le personali al Kunstverein Hamburg (1994),alla Nationalgalerie di Berlino (1995), all’IVAM di Valencia (1995) e allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1998) e Matt Mullican: The MIT Project al MIT – List Arts Center di Boston (1990). Ha partecipato a diverse collettive tra cui la Whitney Biennial di New York (2008), la 28a Bienal Internacional de Sao Paulo (2008), la Biennale di Singapore (2011) e la 55a Biennale d’arte di Venezia (2013). Dal 2009 è professore di Time-based Media presso la Hochschule für Bildende Künste di Amburgo. È rappresentato dalle gallerie Peter Freeman Inc. di New York, Massimo de Carlo di Milano, Georg Kargl di Vienna e Mai 36 Galerie di Zurigo.
Riferimenti bibliografici
Lisa Andreani, Le infinite realtà di Matt Mullican. HangarBicocca, in “Apt Diary”, 23 aprile 2018, http://www.scenecontemporanee.it/matt-mullican-the-feeling-of-things-hangar-bicocca-milano-mi/
Cedar Pasori, Virtual Reality and Hypnosis are Matt Mullican’s choice art tools, in “Interwiew Magazine”, 12 aprile 2018, https://www.interviewmagazine.com/art/virtual-reality-hypnosis-matt-mullicans-choice-art-tools
Lucia Aspesi, Fiammetta Griccioli, Roberta Tenconi, Matt Mullican The Feeling of Things. Guida alla mostra, Fondazione HangarBicocca, Milano 2018
Corrina Peipon, Matt Mullican, in “Hammer Museum Digital Archive”, https://hammer.ucla.edu/take-it-or-leave-it/artists/matt-mullican/
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